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A.P.S Gruppo Folk I Gioppini di Bergamo 

Bergamo

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sede: Bergamo

(via Pietro Spino ,102)

Presidente: Enzo Felotti

Ritrovo associativo: 

Ogni venerdì sera alla Tana del Gioppino

(Gorle, via Celadina, 5)

Enzo 320 5561316
Fabrizio 335 5430256 

INTRODUZIONE

Le antiche civiltà hanno sempre rappresentato un modello e un patrimonio prezioso per le generazioni successive: usi, costumi e consuetudini mantengono vivo lo spirito di un popolo e ne tramandano le tradizioni. A Bergamo la vivacità della gente contadina dei tempi trascorsi viene ripresa e riproposta dal gruppo dei Gioppini che, attraverso balli popolari e canti dialettali, trasmette l’eco della cultura passata, ispirato dalle tipiche ed originali maschere bergamasche: Gioppino e Margì. Le coreografie, vivaci e divertenti, esprimono momenti della vita quotidiana di antica tradizione: ombrelli, fiori, nastri, secchi d’uva, botticelle con vino, acrobazie e sculaccioni rappresentano alcuni elementi caratteristici dello spettacolo. La sfilata, eseguita da tutti gli elementi del gruppo con i particolari strumenti di legno e strane trombe di latta ricavate da tubi di stufa, grammofoni, telai di bicicletta ecc.. , è accompagnata da fisarmoniche, tamburi e da un vecchio carretto contadino. I colorati costumi, sia degli uomini che delle donne, formano un complemento necessario per questo tuffo nel passato. I componenti dei Gioppini dedicano gran parte del proprio tempo libero a questa attività e, senza fine di lucro, mantengono viva l’associazione culturale, costituendo un punto di riferimento per le giovani generazioni. Tutto questo fa parte del Folklore, termine inglese composto da Folk (popolo) e Lore (dottrina) che significa, appunto, Dottrina di Popolo.

 

STORIA DEL GRUPPO
Non si ha una data precisa per la nascita del gruppo; la si vorrebbe agli inizi del 1900 in un quartiere di Bergamo,  Redona, come testimoniano fotografie pubblicate su “Redona, immagini del primo Novecento” e su “DANZE POPOLARI ITALIANE” edito nel 1935 dall’Opera Nazionale del Dopolavoro, che ritraggono la “Banda dei Giopì”. In queste immagini si possono già notare i particolari strumenti musicali ricavati da tubi di vecchie stufe a legna, grammofoni, imbuti, telai di biciclette, pezzi di motore, bidoni metallici ….  Il complesso musicale, composto da soli elementi maschili, dopo una pausa forzata a causa della Guerra, si ricompose agli inizi degli anni 50 nel rione di Borgo Palazzo, sotto la guida di Rino Lorenzi, appassionato e diligente ricercatore di tradizioni della propria terra, che introducendo i primi canti e balli popolari, arricchì il gruppo con elementi femminili: si formò così il Gruppo Folkloristico dei Gioppini di Bergamo che, in seguito, con l’arrivo del maestro Angelo Piazzoli detto “PAPA”, inizierà a partecipare a numerosissime manifestazioni e festival, sia in Italia che in tutta Europa, toccando anche l’America Latina; riscuotendo ovunque consensi di pubblico ed elogi dalla critica. Oltre che a vari interventi alla televisione, ha preso parte alle riprese di un film di Walt Disney. Il presidente attuale è Enzo felotti che prosegue con impegno la tutela e diffusione della tradizione popolare. Il gruppo è riconosciuto dal Ministero Italiano Turismo e Spettacolo.


COSTUME
Il costume, sia maschile che femminile, si ispira alle maschere di Bergamo: Gioppino e Margì. Per lui: giacca in panno verde profilata di rosso con pantaloni a tre quarti dello stesso colore, gilet rosso profilato in verde, camicia bianca, calzettoni a righe bianche e rosse, al collo fazzoletto rosso fantasia, cappello nero bordato di rosso e scarpe nere con vistosa fibbia rossa. Per lei: camicia, mutandoni e grembiulino bianchi, il tutto guarnito con pizzo punteggiato da nastrini rossi, gonna di cotone molto ampia e fiorata con sottana bianca; cintura alta di velluto nero, scialle sulle spalle e fazzoletto in testa, tutti ricamati. Ai piedi un paio di zoccoli di legno, calzatura tipica dei contadini lombardi. 


COM’È NATA LA TRADIZIONE DI “GIOPPINO” ?

La domanda è senza risposta poiché nulla ci dicono i documenti e muta è la tradizione orale: certamente egli è una creazione tipicamente e genialmente popolaresca, ispirata forse da qualche spassoso tipo del passato che non ha lasciato tracce, o forse il nostro popolo ha mirabilmente fuso in esso la sua vena ridanciana e lepida, la sua spontanea tendenza all’arguzia, il suo gesto un po’ grossolano, ma sempre piacevolmente comico per i modi farseschi. Poiché, in fondo, Gioppino non è che una amenissima caricatura del nostro popolo rustico, da questi è sorto e da questi ha preso il linguaggio grossolano, esagerandone i difetti e la rozzezza che, unita ad una istintiva furbizia e ad una divertente ignoranza, mai gli offusca una pratica e rapida comprensione delle cose. Dei contadini imita l’intercalare, ripete i gesti ed è sempre  preso da quell’indomabile appetito che è segno di robusta e sana costituzione. Nei racconti popolari Gioppino, storpiatura di Giuseppino, è figlio di Bortolo Zuccalunga e di Maria Scatolera; è tozzo, tarchiato, dalla faccia ilare e bonaria, violentemente incarnata dal collo deforme per tre gozzi madornali, che sono nello stesso tempo sua caratteristica fisica e blasone di famiglia. Nativo di Zanica, è padrone delle scene e delle situazioni, che quasi sempre domina a colpi di bastone, di maniere e di linguaggio rozzi, ma con tanto cuore, egli è paziente fino a che non gli facciano infiammare le “ granate “ o i “ coralli “, com’egli poeticamente chiama la sua gozzaia. Sempre innamorato della sua Margì, ha un discendente nella pur comica persona del Bartolì da Sanga, il quale verrà a perpetuare “ la stirpe dei gozzi“.

PERCHÈ GLI STRUMENTI DI LATTA

È consuetudine che risale ai Romani quella di solennizzare per celia le nozze dei vedovi, specialmente se maturi, con concerti polifonici affatto armoniosi e per i quali la ragazzaglia del paese si adopera con la migliore buona volontà. Tale omaggio, tutt’altro che di buon gusto, ha carattere di scherno. Specialmente verso sera gli improvvisati concertisti si recano sotto le finestre dei futuri sposi e con fischi, urla e il suono di padelle, trombe in latta e campani, improvvisano un’assordante quanto fastidioso omaggio, talvolta ripetuto per diverse sere consecutive. Questa usanza viene indicata con diversi nomi: sunà i padèle, i ciòche, fantunà, fa la fantunada o la tuntunada (Val Brembana), fa öna ciocada ( Parre ), fa ai matìno…) (*) Da questa tradizione l’uso di strumenti di latta da parte dei Gioppini…

 

 

(*) dal libro “USI , COSTUMI E TRADIZIONI BERGAMASCHE” di Luigi Volpi- Ediz. II Conventino- Bergamo

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