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Accadde il… nella notte dei tempi, in primavera.
Il Carnevale di Schignano (Como)

FolkNewsMARZO2024

di Daniele Fumagalli

In un’epoca in cui il commercio ed il consumismo invadono tutte le festività, snaturandole o semplicemente adattandole all’epoca della dittatura del mercato, il Carnevale di Schignano - la cui origine si perde nella notte dei tempi - mantiene ancora una sua genuinità che sa di antico, e che attrae - o dovrebbe attrarre - ogni serio studioso del folklore. Questo carnevale infatti  mantiene intatte una serie di caratteristiche ritualità che meritano più di un approfondimento per il folklorista, e più di una riflessione per l’intellettuale.

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Un Brut del Carnevale

Il carnevale di Schignano: una tradizione dalla ritualità ben definita

Val la pena di raggiungere Schignano, stupendo borgo della Val d’Intelvi in provincia di Como. Meta ideale per splendide passeggiate, nel perfetto stile dei comuni montani è composto da numerose frazioni (Almanno, Auvrascio, Molobbio, Occagno, Perla, Posa, Retegno e Vesbio). Ed il giorno di martedì grasso, lo studioso gioisce dinanzi ad un carnevale decisamente fuori dal comune. 

Innanzitutto: le maschere del carnevale di Schignano sono rigorosamente di materiale ligneo, ed altrettanto rigorosa è la galleria dei personaggi che lo compongono. Va in scena, in questo piccolo borgo, una vera e propria lotta di classe fra due personaggi agli antipodi: i Beii ed i Brut.

I cittadini del paese che decidono di interpretare i Beii, o mascarun, si vestono all’interno del paese. Una volta che il carnevale prende l’avvio, essi diventeranno totalmente muti, come (quasi) tutti gli altri personaggi del carnevale. I mascarun si muovono in modo calmo, quasi solenne. Anche il loro vestito è egualmente codificato: hanno abiti vezzosi, colorati, pizzi e merletti ed un pancione gonfio, il buttasch. Ventagli, ombrelli e bastoni multicolori rappresentano un accessorio non indifferente di questo primo personaggio, archetipo del signore.
 

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Un bel. Si noti il butasch, simbolo di opulenza e ricchezza

Contraltare dei Beii sono i Brut. Sgraziati, vestiti di stracci e pelli di animali, con una imbottitura di paglia l’andatura ciondolante, lenta o rapida, è rinforzata dal suono di forti campanacci che essi portano nelle cinture. La vestizione di questo secondo personaggio povero, nemesi dei beii, avviene in cascine isolate, e comunque non all’interno delle case del paese.
Stupiscono il turista non avvezzo il loro stare, quasi in stato di svenimento, a lungo distesi sul selciato in posizione anche innaturale. Per poi alzarsi ed iniziare a correre improvvisamente.

 

Due facce della stessa medaglia, dunque: facce opposte. Già ad Italo Sordi si deve un esemplare classificazione degli elementi antitetici di questi due protagonisti del carnevale
 

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A queste due figure emblematiche, se ne associano altre dal carattere insieme grottesco e sacro.
Affascinante è il gruppo costituito da Sigurtà ed i due Sapeur. Il primo è l’autorità sacra che presiede e sorveglia il carnevale. Egli apre il corteo, e la sua carica ha carattere onorifico: reso da fascia a tracolla, bastone e - naturalmente - scorta dei Sapeur. Questi ultimi, armati di asce come gli antichi littori, aprono il corteo in maniera analoga agli “zappatori” delle sfilate militari ottocentesche.
Colpisce un dettaglio: essi hanno una botte, o borraccia, a tracolla: infatti, a loro non è concesso bere nelle osterie come ai Beii ed ai Brut.
Altro personaggio iconico è la Ciocia: unico personaggio parlante ed unico personaggio femminile, rigorosamente interpretato da un uomo con il volto sporco di fuliggine. La Ciocia, con voce stridula, è solita lamentarsi del suo stato di moglie-serva, in modo petulante e polemico. 

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Canestrelli liguri

Sigurtà e sapeur

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La ciocia

Discorso a parte merita il personaggio di Carlisepp. Personificazione del carnevale stesso, la sua comparsa e scomparsa è scandita anche in questo caso da un rituale preciso. Sul far della sera compare sopra una slitta nella piazza principale. Il figurante che lo interpreta tenta una rocambolesca fuga, ma invano: infine un fantoccio di Carlisepp viene trascinato nuovamente in piazza e dato alle fiamme, fra i pianti dei ricchi Beii e le urla di giubilo dei Brut
Il Carlisepp si congeda, avvolto tra le fiamme e circondato dai coscritti diciottenni tra balli, canti e schiamazzi.
La sera è già calata. Anche quest’anno il carnevale è finito. 

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Il Carlisepp

Prospettive antropologiche e filosofiche

Il fascino ed il mistero del carnevale di Schignano, che con queste precise figure si ripete ogni anno, è evidente. Come tutte le opere d’arte, anche questo carnevale suscita nello spettatore sensazioni e riflessioni. Molteplici chiavi di lettura, tutte egualmente valide.

In primo luogo, è evidente che i due personaggi principali rappresentano uno scontro di classe. I beii sono i signori, i ricchi: opulenti, distinti e vezzosi. I brut al contrario portano in scena la loro miseria, con oggetti che nulla hanno di gradevole.
Il fatto che questi ultimi si vestano fuori dal paese, in questo senso, assume il significato di una esperienza tipica degli esseri umani: il benestante mal sopporta non solo la compagnia, ma persino la vista, del misero. Il povero in tutte le cosiddette civiltà è repellente, rappresenta in qualche modo una vista riprovevole.

 

L’esistenza stessa dei miseri turba, come i campanacci dei Brut, l’esistenza dell’uomo comune (appena appena benestante). Tanto è vero che si cerca di allontanare, di ghettizzare, il misero. Quest’ultimo non si vuole vedere.

Ma i Beii ed i Brut portano in scena, in quel di Schignano, la contrapposizione fra apollineo e dionisiaco, così come Nietzsche la definì nella Nascita della tragedia. Lo spirito apollineo è ordine e armonia delle forme, mentre lo spirito dionisiaco è ebbrezza ed esaltazione entusiastica priva di forma. La sintonia fra i due elementi è evidente.

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Un tipo contrasto tra Beii e Brut

Una possibile analogia fra il Carnevale di Schignano e la cosiddetta cultura dotta si può cercare nell’opera Teseo sul Minotauro, scolpita dal Canova in pieno periodo illuministico (tardo settecento). In effetti, non è esagerato dipingere i due protagonisti della scultura, nelle pose e nelle fattezze, come un Bel ed un Brut. In questo senso i due personaggi opposti del carnevale, come le due figure scolpite dal Canova, sembrerebbero rappresentare il dominio della ragione (calma e pacata) su quelle componenti più tipicamente bestiali dell’essere umano, simboleggiate dal Brut. L’idea, tipicamente illuminista, della ragione che domina le pulsioni più incontrollate e che vanno - come i Brut -  “tenute lontane”.

 

Una lettura se si vuole in parte psicoanalitica, e la cosa non deve dare scandalo. Lo stesso fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud, era estremamente interessato al mondo del folklore, ritenendolo il folklore una rappresentazione molto efficace delle pulsioni inconsce. Sotto questo aspetto, se i Brut rappresentano la parte più irrazionale e pulsionale dell’uomo, le loro lunghe pause sul selciato come se fossero morti e la loro improvvisa euforia ben rappresenterebbero Eros e Thanatos, ossia le due pulsioni - erotiche e di morte - proprie dell’inconscio umano.
Anche l’uccisione di Carlisep potrebbe rappresentare la proiezione dei desideri di ogni povero Brut. Essendo il carnevale una festa da ricchi (una sfrenatezza ed un’ostentazione che mal si addicevano al povero), quest’ultimo troverebbe una parziale soddisfazione nel mettere al rogo Carlisepp, simbolo di un periodo in cui i beii possono permettersi il lusso dell'incontinenza. Al povero Brut, negata dal duro mondo in cui egli si trova a vivere e combattere.

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Antonio Canova, Teseo e Minotauro

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